Pastorale Giovanile

Come tutti ormai sappiamo Don Daniele a settembre verra' trasferito a Vedano Olona.

Per chi volesse lasciargli un piccolo messaggio (200 caratteri),
il sottostante spazio e' a sua disposizione.
 

aggiornamento Luglio 2013

Comunità Pastorale San Benedetto - Albizzate e Sumirago

Carissimi,
all’inizio di questa estate, faccio mie le parole che il nostro Arcivescovo ha rivolto ai fedeli della Diocesi per estendere il mio augurio a tutti coloroche si recheranno in villeggiatura, ma soprattutto ai molti che, a causa della crisi, vivranno la vacanza a casa loro. A tutti desidero richiamare il valore del riposo. Esso è, insieme agli affetti e al lavoro, un tratto costitutivo dell’esperienza umana e ne garantisce l’equilibrio. Tuttavia, perché ci sia una vera ri-creazione dell’io non basta ridurre le ore di lavoro ed ampliare quelle di riposo. Quest’ultimo trova senso in un certo esercizio della libertà.

Per questo il tempo libero è il tempo della libertà. Non anzitutto però come libertà da, semplicemente come uno “staccare la spina”, ma come libertà per. L’idea, oggi molto diffusa, di libertà come assenza di legami è falsa. Ciascuno di noi sa sulla propria pelle che un io “disimpegnato” dalla realtà e senza relazioni, si inaridisce e muore.
Per ogni credente riposo e festa trovano espressione compiuta nel giorno della con-vocazione. Il giorno in cui ci si ritrova intorno alla stessa mensa – anzitutto quella eucaristica – luogo delle relazioni, per rigenerarsi. La domenica ha anche una essenziale dimensione sociale, evocativa della stessa vita di Dio. Ne consegue che dimenticando le relazioni – con Dio e coi fratelli – l’uomo non può riposare veramente. L’autentico riposo infatti nasce dal vivere la comunione.
Infine è decisivo sottolineare il binomio riposo-bellezza. La bellezza ha a che fare con la libertà, perché questa viene esaltata dalla verità che gratuitamente si dona a noi. Per questo il tempo del riposo – la domenica, le vacanze – è tempo privilegiato per educarsi alla bellezza, quella del creato e quella proveniente dalla mano dell’uomo, ed imparare a custodirla.
E proprio nell’esercizio di questa comunione e di questa libertà per, invito coloro che nella nostra Comunità hanno a cuore la trasmissione della Fede, porta della salvezza,a considerare la possibilità di mettersi al servizio della Chiesa nelle varie Parrocchie della nostra Comunità Pastorale; le molteplici necessità sono occasione per ciascuno di esprimere e far fruttare i propri talenti: dal catechismo alla Caritas, passando attraverso tutti gli ambiti del servizio pastorale. Il quadro di proposte formative è ampio e diversificato per rispondere alle più diverse esigenze personali. Ne riportiamo alcune nella certezza che la partecipazione anche ad uno di questi eventi costituisce occasione per crescere nella fede e nella corresponsabilità.
Rinnovo a tutti l’augurio di una buona estate nel Signore, disponibile ad incontrare chiunque desideri un confronto sulla propria disponibilità al servizio.
 

Don Daniele




Perché Comunità San Benedetto
La nostra Comunità Pastorale mantiene il nome già scelto dal nucleo della comunità precedente e nasce quindi sotto la benedizione di San Benedetto.
Facciamo quindi nostre le parole pronunciate dal Papa all'inizio del suo Ministero nel prendere il nome del grande Santo, e nel ricordarci la sua esortazione: “Non anteporre nulla a Cristo”: “All’inizio del mio servizio come Successore di Pietro chiedo a San Benedetto di aiutarci a tenere ferma la centralità di Cristo nella nostra esistenza. Egli sia sempre al primo posto nei nostri pensieri e in ogni nostra attività".
E' ancora il Papa che ci insegna la grandezza di San Benedetto: “Di fatto, l’opera del Santo e, in modo particolare, la sua Regola si rivelarono apportatrici di un autentico fermento spirituale, che mutò nel corso dei secoli, ben al di là dei confini della sua Patria e del suo tempo, il volto dell’Europa, suscitando dopo la caduta dell’unità politica creata dall’impero romano una nuova unità spirituale e culturale, quella della fede cristiana condivisa dai popoli del continente.
E’ nata proprio così la realtà che noi chiamiamo ‘Europa’”.
Un’opera grande nata nel silenzio. Benedetto nacque nella piccola città di Norcia verso il 480 d.C., in un periodo storico particolarmente difficile. Quattro anni prima (476) era formalmente finito l'Impero Romano d'occidente con la deposizione dell'ultimo imperatore Romolo Augustolo. Fu contemporaneo di Teodorico e ne vide fallire nel sangue l'ambizioso progetto di una pacifica convivenza con i Goti ed i Romani; poté assistere agli orrori della terribile guerra fra i Goti e i Bizantini per il predominio dell'Italia (535-553), guerra che lasciò desolato e spopolato il nostro paese tra stragi e pestilenze. Studente a Roma, appena ventenne Benedetto lascia gli studi “disgustato dallo stile di vita di molti suoi compagni che vivevano in modo dissoluto", e non voleva cadere negli stessi loro sbagli. Voleva ”piacere a Dio solo”. Si ritira sui monti e vive per tre anni completamente solo in una grotta. Un periodo di solitudine con Dio, un tempo di maturazione per superare le tre tentazioni fondamentali di ogni essere umano: la tentazione dell’autoaffermazione e del desiderio di porre se stesso al centro, la tentazione della sensualità e, infine, la tentazione dell’ira e della vendetta. Era infatti convinzione di Benedetto che, solo dopo aver vinto queste tentazioni, egli avrebbe potuto dire agli altri una parola utile per le loro situazioni di bisogno. Soltanto dopo inizia a fondare i primi monasteri. Nella zona di Subiaco, organizzò un gruppo di monaci, suddiviso in dodici comunità di dodici monaci .Fra di essi vi erano giovani dell'aristocrazia romana, ma anche goti e figli di schiavi, gente umile e rozza: per tutti Benedetto era il maestro nella "scuola del divino servizio" (questa è la definizione che egli dà del monastero nella sua Regola). Così Benedetto gettava le basi di una unità tra barbari e latini molto profonda, perché fondata sulla fratellanza universale insegnata dal Vangelo. Allontanatosi da Subiaco, Benedetto si diresse a Cassino, sulla cui altura fondò, nel 529, il monastero di Montecassino destinato a diventare il più celebre in Europa. Là avvenne la sua morte, tra il 543 ed il 555 d.C., in una data che l'antica tradizione ha fissato al 21 Marzo.
La sua azione si basa sull’Ora et Labora: la preghiera è il fondamento di ogni sua attività: “Senza preghiera non c’è esperienza di Dio". Ma la spiritualità di Benedetto non era un’interiorità fuori dalla realtà. Nell’inquietudine e nella confusione del suo tempo, egli viveva sotto lo sguardo di Dio e proprio così non perse mai di vista i doveri della vita quotidiana e l’uomo con i suoi bisogni”. La Regola benedettina con le sue esigenze di ordine, di stabilità, di sapiente equilibrio fra preghiera e lavoro, si impose ben presto a tutto il monachesimo occidentale e fu seguita in tutti i monasteri europei.
Alle origini dell’Europa
Il cammino dell'Europa ebbe inizio con l'evangelizzazione delle popolazioni europee da parte della Chiesa. Crollato il mondo romano, nel dilagare della violenza barbarica, la Chiesa fu la grande forza storica che fece incontrare, chiamandole a nuova vita, realtà umane profondamente diverse. La creazione di centri di vita cristiana fu il metodo della evangelizzazione dei popoli barbarici. Fu il grande pontefice san Gregorio Magno il primo ad operare per la loro conversione, inviando dei monaci benedettini tra quelle popolazioni.
Sotto la guida dei monaci, queste popolazioni impararono a prosciugare le paludi, a disboscare le selve, a coltivare la terra, a tracciare nuove strade, a leggere ed a scrivere. Nei monasteri fiorirono le scuole della nuova Europa, nata dalla fusione tra romanesimo e germanesimo, mediate dal cristianesimo.
L'organizzazione benedettina fece sì che i monasteri fossero non solo centri di vita religiosa, ma anche centri di vita economica e culturale .La valorizzazione del lavoro, considerato come mezzo di elevazione dello spirito e perciò imposto a tutti come un dovere, portò ad una ripresa della bonifica del suolo e del lavoro dei campi in tempi in cui gran parte dell'Europa occidentale era incolta e spopolata. Ben presto intorno ai monasteri vennero a raggrupparsi contadini in cerca di protezione e, dietro l'esempio dei monaci, presero a dissodare le terre incolte. Rifiorirono così le culture della vite e dell'ulivo, da tempo abbandonate. Ripresero anche gli scambi commerciali. Il monastero divenne un centro presso cui si radunavano, in determinati giorni dell'anno, le popolazioni vicine per scambiarsi i loro prodotti; ben presto divenne il luogo in cui, sotto la protezione dell'abate, poté sorgere un vero e proprio mercato. Si moltiplicarono così nelle abbazie i mulini ad acqua ed officine di ogni genere (oleifici, concerie, tintorie, birrerie, formaggerie). Un altro importante contributo alla civiltà europea fu offerto dai monaci con la paziente trascrizione degli antichi scrittori. Si copiava soprattutto la Bibbia ed i testi dei grandi autori cristiani, ma anche storici, poeti, naturalisti ed autori di ogni genere del mondo antico trovarono ospitalità nelle biblioteche monastiche. Quello che il mondo moderno conosce della letteratura antica è dovuto in maniera quasi esclusiva all'opera di umili ed anonimi amanuensi.
I libri ricopiati con cura servivano ai monaci per la lettura e l'insegnamento: nacquero così le scuole.
Questi i motivi che fanno affermare al Papa, ricordando San Benedetto:
"Per creare un’unità nuova e duratura, sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l’Europa. Senza questa linfa vitale, l’uomo resta esposto al pericolo di soccombere all’antica tentazione di volersi redimere da sé – utopia che, in modi diversi, nell’Europa del Novecento ha causato, come ha rilevato il Papa Giovanni Paolo II, ‘un regresso senza precedenti nella tormentata storia dell’umanità’ ".